bugie

Ormai son cose di bambini. O di antiquari, a voler essere appena un po’ colti. Accomodare la verità al proprio scopo è saper vivere, essere diplomatici, a volte delicati, politici, accorti, avveduti, addirittura buoni e misericordiosi, a risparmiarci il vero. E così si dice e sdice, vertigine infernale in cui le parole son solo male.

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ciechi

A diventare ciechi si impara duramente. È un apprendistato minuto e quotidiano. Tutt’occhi sono i bambini. Ditini sfoderati che vedono lontanissimo, perennemente stupiti, curiosi, arrabbiati anche, di volere andare e toccare quel che è nuovo e vivo. Capricci che dicono la verità sul bisogno umano di non chiudere gli occhi. Eppure si impara a camminare

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vedere (4)

Come un contemplare. «Vedere la grande capacità e rotondità del mondo in cui vive tanta gente così diversa» (S. Ignazio di Loyola). E ci raggiunge la vita di tutti, lasciandoci storditi di tradimenti subiti, stremati di traversate con il sale sulle mani, con le gambe come sassi, in fila ad aspettare, e sabbia e cemento

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vedere (3)

Vedere dall’alto è un bel sollievo. Intanto, niente odori. E si può gonfiare il torace finalmente. Bello largo. Poi non ci toccano. Tutta questa promiscuità. Sette miliardi siamo, qualcuno si riproduce in modo irresponsabile. E anche le orecchie hanno tregua: tutti a lamentarsi, e parlare. E infine dall’alto abbiamo le giuste proporzioni. Son piccoli piccoli.

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