amore (3)

A volte è amore finito. O almeno lo sembra proprio. Ma può finire l’amore?
Tante parole che viaggiavano insieme. A gara per dirsi in coppia, quella dell’uno che arriva appena prima di quella dell’altro. Vite allineate.
Anche i pensieri viaggiavano insieme, intrecciati, l’uno che inizia, contamina, avvinghia il pensiero dell’altro, ci fa una glossa, ci gioca, lo conserva, lo custodisce.
E poi viene il giorno in cui tutto tutto è babele, anche il silenzio diventa straniero.
Amore che non si riconosce più. Non rimane perché non lo si è avuto, forse, o non ci è dato di saper cosa sia. Ci dicono che è fidarsi e non aver paura. Dono che non perdo perché lo conserva l’altro per me. E così è mio e nostro. Promessa in cui credo. Possesso che non chiedo. Vita ritrovata ogni mattina.
Capita che non si sia avuto mai. Un pezzo di vita che manca, passaggio d’umanità dovuto eppure non avuto. Allora non si può proprio credere all’amore. E così è sgangherato il sentire, eppure nella malinconia infinita che rimane, o anche nell’ossessione che chiamiamo odio quando capita, oppure nel correre in cerca di un altro e poi un altro amore, resta quel che l’amore promette, quel che l’amore ha promesso: abitare l’eternità, anticipo di quel che sarà.
Avvenire, 27 aprile 2012
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