gratitudine

C’è oggi un vivere ignaro, come se fossimo nati senza essere cominciati, solitari abitanti di un deserto di sentimenti, nel folle dimenticarsi di aver padri e madri del corpo e dello spirito.
Esserci noi, le nostre idee, la nostra vita, il nostro agire diritto e determinato e veloce e senza confini. Noi e il mondo, noi contro il mondo.
Vivere in assenza, sventura che non conosce compianto. Solitario affermarsi, uno su mille. Lasciando a parte chi ci ha dato. La cura, le parole, la vita. O un’esperienza che ci ha disegnato per sempre. Eppure dimenticata, abbandonata, persa nell’ebbrezza dell’inchino superbo al nostro sfaldarci d’amore per noi.
Intossicati di sé. Overdose di un io smemorato e noncurante. Ingrato appropriarsi di quel che abbiamo senza merito alcuno ricevuto.
Come si fa a vivere così? A coltivare l’illusione di esser sufficienti dall’origine, senza fratelli e sorelle e madri e padri. Sfida triste e confusa che ci confonde con la confusione del mondo. Non poter dire grazie, e liberarci dal peso di portarci tutti interi. Non conoscere la leggerezza di dividere la storia, nostra e del mondo. Camminar leggeri. Esser grati.
La gratitudine è questo vivere accompagnati. Preceduti, regalati, mai soli.
5 aprile 2012
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